mercoledì 27 aprile 2011

Cenni storici sull'evoluzione tecnologica dei processi di lavorazione del ferro

I primi forni usati per il trattamento del minerale (a partire dal 1500 a.C.) furono detti “bassifuochi”. 
Un significativo progresso ebbe luogo intorno all' anno 1000 d.C. in Germania ed in Austria: fu la comparsa dei primi "Stuckofen", che erano fornaci alte fino a 5 metri da cui poteva anche essere ottenuta ghisa liquida, oltre che i soliti blocchi spugnosi di acciaio.
Lo sviluppo ulteriore condusse, attraverso miglioramenti e modifiche dimensionali, alla prima bozza di altoforno, comparso in Inghilterra intorno al 1500. Si può indicare invece il 1730 come data del primo vero e proprio altoforno, sempre in Inghilterra, dove per la prima volta fu usato il carbone come combustibile al posto del legno.Gli anni successivi, fino alla metà del 1800, furono tutti dedicati a risolvere il problema di ridurre il carbonio e gli altri elementi in quanto le ghise, una volta solidificate, risultavano molto fragili e poco lavorabili.La prima soluzione industriale del problema, pur sempre molto laboriosa, fu adottata nel 1766 nel Galles e fu la puddellaggio (puddling) che consisteva nel caricare i getti di ghisa in speciali contenitori posti in forni a riverbero, usando carbone come combustibile. In questo modo si arrivò a produrre acciaio allo stato pastoso, semi-fuso, che poteva essere separato e solidificato.
Nel 1856, l' inglese H. Bessemer brevettò un procedimento di produzione dell' acciaio da ghisa liquida utilizzando un forno rivestito di refrattario siliceo (acido) con il fondo forato, in modo da potervi soffiare aria in pressione e provocare in breve tempo la riduzione del contenuto di carbonio.  
Sempre in Inghilterra, la ricerca sui modi di produrre l’acciaio continuava e nel 1858 K.W. Siemens, tecnologo tedesco naturalizzato inglese, costruì un primo forno sperimentale del tipo a "focolare aperto” con recupero di calore.Più tardi il francese Pier-Emil Martin  sostituì l' impiego del minerale con il rottame di ferro, adeguando il rivestimento acido o basico della suola al tipo di ghisa di cui si disponeva.
Questa tecnologia viene chiamata forno Martin-Siemens.
Verso la fine del secolo, nel 1899, P.L. Héroult, presso Creuzot in Francia, avviò un forno con riscaldamento elettrico che utilizzava corrente trifase e come elementi riscaldanti elettrodi di grafite che penetravano dalla volta e che sfioravano la carica da fondere.
Fu ben presto evidente che l' impiego dell' aria quale agente affinante ed ossidante comportava due aspetti negativi. Il primo consisteva nella necessità che il bagno fosse attraversato da una notevole quantità di aria, che asportava dal bagno stesso - durante la conversione - una gran quantità di calore. Il secondo svantaggio era il rischio di notevoli arricchimenti di azoto che infragilivano l' acciaio. La sostituzione dell' aria con l'ossigeno puro fu la soluzione del problema, che trovò molto più tardi, solamente negli anni ' 50, la migliore realizzazione nel processo LD presso le acciaierie austriache di Linz e Donauwitz, da cui il nome del processo.
Verso la metà degli anni '60 , le grandi acciaierie hanno effettuato un passo fino ad oggi conclusivo. Sono stati, infatti, introdotti i cosiddetti trattamenti "fuori forno", quali ad esempio il Ladle Furnace (o forno in siviera) ed il degasaggio R.H.. 
Nel 1751 in Svezia e nel 1783 in Inghilterra, introdotta da H. Court, fu adottata la laminazione a caldo che impiegava due cilindri sovrapposti rotanti in senso contrario che permisero di produrre la prima lamiera d' acciaio non più per "battitura" ma in maniera più razionale. Inutile dire che da quei tempi, fino ai giorni nostri, i laminatoi a caldo e, successivamente, quelli a freddo sono passati attraverso un continuo sviluppo: dai laminatoi discontinui alimentati pezzo dopo pezzo, fino ai moderni treni continui ed automatici.



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