La capacità di domare il ferro e di cambiarne le caratteristiche meccaniche per mezzo della forgiatura e della tempra, ponevano il fabbro, così come il medico o l'astrologo, a far parte di quella categoria di uomini il cui lavoro, importantissimo per il resto dell'umanità, abbisognava di qualche contributo divino per riuscire al meglio, e pretendeva, quindi, un rapporto speciale con gli Dei. Non sorprende questo se si pensa all'importanza che doveva avere, allora, il fatto che la propria spada non si spezzasse al primo impatto, in un corpo a corpo col nemico. Nacque così quell'immagine dei Fabbri, visti come esseri un po' particolari: uomini forti ed un po' selvatici, capaci di vincere la lotta con quel materiale inizialmente così poco gentile e malleabile. Stiamo parlando della nascita del Ferro Battuto e della figura del Fabbro, subito visto come demiurgo, artefice capace, con l'ausilio dell'acqua e del fuoco, di trasformare la materia. L a mitologia greca prima, con Efesto, e quella romana poi, con il rispetto sempre tributato al Gran Fabbro Vulcano, consacrarono definitivamente il Fabbro e la sua Arte conferendo loro quell'aspetto di "magia" che, almeno in parte, li hanno accompagnati fino ai tempi più recenti
Non molto diversi, insomma, dal loro padre putativo, dal loro simbolo. Efesto (Vulcano), marito della bella Afrodite (Venere), Dio del fuoco e degli Inferi e temuto dallo stesso Zeus (Giove) padre degli Dei. Gli antichi Romani, assai più pratici e meno "sognatori" dei Greci, dalla cui cultura avevano tanto attinto, trasformarono e realizzarono la figura del fabbro. Nacque "l'homo-faber"; ancora produttore di armi ma anche, sempre più, dedito alla fabbricazione di quegli oggetti "civili" che una società evoluta e cosmopolita, come quella dell'antica Roma, richiedevano.
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